IL TRIBUNALE

    Premesso:
        che  alle  ore  9  del 20 agosto 2003 Kazanciuk Olga, nata in
Moldavia  il  21 dicembre  1980,  S.g.d., sedicente, veniva tratta in
arresto  per  il  reato  p.  e  p.  dall'art. 14,  comma 5-ter d.lgs.
n. 286/1998  perche'  senza  giustificato  motivo,  si tratteneva nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  di lasciare il
territorio  nazionale  entro il termine di giorni cinque impartitogli
dal  Questore  di Venezia il 17 luglio 2003 emesso ai sensi del comma
5-bis  del  suddetto  articolo  di  legge  e notificatole il medesimo
giorno;
        che Kazanciuk Olga e' stata presentata in stato di arresto il
giorno 21 agosto 2003 davanti a questo giudice per la convalida ed il
contestuale   giudizio   direttissimo  a  norma  dell'art. 14,  comma
5-quinquies d.l.vo n. 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestata il p.m.
ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di
alcuna misura cautelare;

                        Osserva quanto segue

    1. - L'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e successive
modificazioni,  nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera
della p.g. per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter legge citata,
si  pone  in violazione dell'art. 13, terzo comma Cost. L'articolo in
questione,   dopo   aver  stabilito  che  la  liberta'  personale  e'
inviolabile  ed  aver  specificato  che  eventuali  restrizioni della
liberta'  in  questione  possono  essere  disposte  solo  in  base  a
previsione  di  legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
prevede  al  terzo  comma  una  deroga  in  forza della quale in casi
eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente dalla
legge  e'  possibile  l'adozione di provvedimenti provvisori da parte
dell'autorita' di pubblica sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la  legge stabilisce la pena
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e nel massimo a venti (art. 380, primo comma c.p.p.) e nei casi
di  flagranza  di  altri  reati  specificamente  indicati  (art. 380,
secondo comma c.p.p.), individuati dal legislatore in base alla legge
delega 16 febbraio 1987, n. 81 che prevedeva di contemplare l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotate  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.  E' dunque evidente che in tali casi ricorrono i presupposti
della necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato   allarme   sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo
l'adozione  immediata  di  un provvedimento limitativo della liberta'
personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla p.g. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121
disp.  att.  c.p.p.  stabilisce infatti che quando il p.m. ritiene di
non  dover  chiedere  al  giudice  l'applicazione di misura cautelare
coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.  E'  evidente che tale norma deve trovare applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2. - Si osserva inoltre che non si vede sotto quale altro profilo
l'arresto  possa  assolvere una utile funzione, posto che il giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi ai
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998  norma  in esame sia costituzionalmente illegittima nella
parte  in  cui  prevede l'arresto obbligatorio anche sotto il profilo
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3.  -  Si  ritiene  pertanto di investire la Corte costituzionale
della  questione  di  legittimita'  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,
legge citata per violazione degli artt. 3 e 13, terzo comma Cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.